Anticoagulanti di nuova generazione e antiaggreganti, valutazione delle problematiche nei pazienti implantari

Anticoagulanti orali, eparina e antiaggreganti piastrinici costituiscono la basi farmacologiche per il trattamento e la prevenzione della patologia trombo-embolica, principali indicazioni all’utilizzo di tali farmaci sono: pazienti portatori di protesi valvolari cardiache, trattamento di trombosi venosa e tromboflebiti, fibrillazione atriale, embolia polmonare, malattie cerebrovascolari, cardiopatia ischemica ecc ecc.

L’ invecchiamento della popolazione propone all’odontoiatra sempre più spesso pazienti in età medio-avanzata o senile, con un’alta prevalenza di patologie croniche (cardiopatia ischemica, broncopneumopatia cronica ostruttiva, osteoporosi, diabete mellito, ipertensione arteriosa, neoplasie) e di politerapia farmacologia domiciliare.
Questi pazienti molto spesso utilizzano farmaci antiaggreganti (prevenzione secondaria di eventi ischemici) e anticoagulanti orali (tromboembolia polmonare, fibrillazione atriale, protesi valvolare cardiaca).
Sarebbe utile richiedere per i pazienti che vanno incontro a terapia Implantare e/o Chirurgia rigenerativa pre Implantare un controllo dell’emocromo e della coagulazione, al fine di evitare problematiche emorragiche durante l’intervento sia post intervento.

Nei pazienti in terapia anti-aggregante (acido acetilsalicilico, ticlopidina, clopidogrel) non vi è indicazione a sospensione della terapia in quanto le evidenze della letteratura non hanno documentato nessun sanguinamento anomalo durante o dopo intervento di chirurgia orale confrontando il gruppo di pazienti che sospende e il gruppo di pazienti che prosegue la terapia anti-aggregante .

Nei pazienti in terapia anti-coagulante orale (TAO) con farmaci antagonisti della vitamina K (warfarin, acenocumarolo), non vi è indicazione a sospensione della TAO fino a un valore di INR (rapporto internazionale normalizzato) compreso fra 3 e 4, mentre per valori di INR superiori a 4 è raccomandato lo “switch” da anticoagulante orale a eparina a basso peso molecolare sottocute ; in effetti una revisione sistematica della letteratura comprendente 19 studi ha concluso che un INR compreso fra 2 e 4 è compatibile con la chirurgia orale minore e che l’installazione di impianti è assimilabile alle estrazioni e non richiede la sospensione della terapia anti-coagulante; a scopo precauzionale si raccomanda l’utilizzo di emostatici (acido tranexamico 4,8% sciacqui 4 volte al giorno per 2 giorni) o di spugne emostatiche (7).

Discorso a parte e più complesso riguarda i pazienti in terapia con i nuovi farmaci anti-coagulanti orali (dabigatran, inibitore selettivo della trombina; rivaroxaban e apixaban, inibitori selettivi del fattore X attivato), indicati nella scoagulazione dei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare; rispetto ai farmaci antagonisti della vitamina K (warfarin, acenocumarolo), i nuovi farmaci anti-coagulanti orali presentano alcune peculiari caratteristiche: non sono monitorabili tramite il dosaggio dell’INR, sono strettamente influenzati dalla funzione renale, presentano un tempo di scomparsa dell’effetto anti-coagulante di sole 24 ore dalla sospensione della terapia, e non sono passibili di trattamento con antagonista (a differenza dei dicumarolici per i quali la vitamina K rappresenta l’antidoto di elezione).

In relazione alle modalità di sospensione della terapia anti-coagulante in previsione di un intervento di chirurgia orale, è necessario ricordare che l’estrazione dentaria fino a 3 denti, la chirurgia parodontale e il posizionamento di impianti sono considerate procedure a basso rischio emorragico, per cui nei pazienti con normale funzione renale gli esperti consigliano di programmare la procedura almeno 24 ore dopo l’ultima dose del farmaco, mentre in caso di ridotta funzione renale la procedura andrebbe programmata in modo diverso a seconda del tipo di trattamento in corso.

Per maggiore sicurezza dell’operatore e soprattutto del paziente è sempre opportuno richiedere lo INR (International Normalized Ratio).

L’INR è un indice che consente un’interpretazione univoca dei risultati indipendentemente dal laboratorio che ha eseguito l’esame ed esprime di quante volte il sangue del paziente è “meno coagulato” rispetto a quello di un soggetto normale.

E’ dato dal rapporto tra il PT del paziente e il PT medio della popolazione, entrambi espressi in secondi ed elevati ad un indice di sensibilità internazionale (ISI) che è un coefficiente calcolato calibrando il reagente (Tromboplastina) utilizzato dal laboratorio che ha eseguito il test con un reagente Standard Internazionale.

INR=(PT paziente/PT medio popolazione)ISI

Il valore normale dell’INR è di 0,9-1,1.

Normalmente un paziente in terapia anticoagulante deve mantenere l’INR in un range compreso tra 2 e 3,5. La maggior parte delle procedure chirurgiche odontoiatriche richiede, per operare in sicurezza, valori terapeutici di INR < 3.

E’ opportuno non intervenire in caso di INR superiore a 3,5: valori di INR compresi tra 3 e 4,5 sono associati ad un rischio di fenomeni emorragici del 22%, per valori compresi tra 2 e 3 il rischio di eventi emorragici è del 4%.

In caso di chirurgia maggiore o in tutti quei casi in casi in cui si può ipotizzare un maggior sanguinamento intraoperatorio è prudente intervenire chirurgicamente solo con valori di INR fino a 2,5.
La misurazione dell’INR deve avvenire al massimo 24 ore prima della data dell’intervento, meglio se eseguito la mattina stessa dell’ intervento.

La regressione dell’effetto farmacologico dei dicumarolici avviene in 2-3 giorni dalla sospensione dl farmaco. La somministrazione di vit. K per os riporta alla normalità il PT entro 24 ore circa.

-nei pazienti in terapia con dabigatran, almeno 36 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR (estimated glomerular filtration rate) < 80 ml/min e almeno 48 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR < 50 ml/min;

-nei pazienti in terapia con apixaban e rivaroxaban, almeno 36 ore dopo l’ultima dose in caso di eGFR compreso fra 15 e 30 ml/min.

Al termine dell’intervento si consiglia l’utilizzo di emostatici locali quali spugne di fibrina, cellulosa ossidata e la sutura della ferita.

La ferita inoltre andrà compressa onde favorire la coagulazione, con una garza imbevuta di una soluzione di acido tranexanico.

La garza non deve mai essere asciutta in quanto la rimozione di una garza asciutta potrebbe favorire l’asportazione del coagulo che si è formato e una ripresa del sanguinamento.

Al termine dell’intervento il paziente non dovrà masticare dal lato operato per non traumatizzare la ferita, dovrà preferire alimenti morbidi e freddi in prima giornata e potrà alternare sciacqui antisettici di clorexidina a sciacqui con soluzione di ac. tranexanico, tali sciacqui in prima giornata dovranno esser limitati al massimo e non dovranno esser troppo energici.

Se necessario come antiinfiammatorio si potrà ricorrere all’ibuprofene o al naprossene (li dovrà prescrivere l’odontoiatra) che interferiscono meno con la coagulazione (da evitare sicuramente l’ac. Acetilsalicilico) . Come analgesico farmaco di prima scelta è il paracetamolo.

Eventuali sospensioni o aggiustamenti del trattamento farmacologico antiaggregante o anticoagulante devono esser attentamente ponderati dal medico che ha prescritto la terapia (solitamente il cardiologo) tenendo presente che in una parte dei pazienti in terapia il rischio di fenomeni trombo embolici da sospensione della terapia è più concreto del rischio di manifestazioni emorragiche importanti o comunque difficilmente controllabili.

La ripresa della terapia anticoagulante è consigliata 6-8 ore dopo il termine della procedura di chirurgia orale.

E’ inoltre da tener presente che alcuni farmaci di comune impiego in odontoiatria possono interferire con la terapia anticoagulante/antiaggregante del paziente. Ad esempio alcuni antibiotici (eritromicina, metronidazolo, tetracicline) possono potenziare l’effetto degli anticoagulanti orali, gli antiinfiammatori non steroidei, alterando la funzionalità piastrinica, possono peggiorare la diatesi emorragica.